domenica, ottobre 23

Lezioni di Scienza...in discoteca


Per oltre due anni ho lavorato volontariamente al TIGEM, Istituto Telethon di Napoli, come tesista a conclusione del mio percorso di studio, che a differenza forse della maggior parte degli studenti, è stato tortuoso e lungo per motivi personali che non sto qui a spiegare. Pertanto ero già considerata una persona fuori gioco. Ancor prima di laurearmi, cercavo il mio impiego futuro, una nuova posizione, a corollario del mio costante impegno, della mia serietà e responsabilità, del mio entusiasmo che era anche più marcato di una persona di dieci anni più giovane di me. Ero arrivata a quella meta testarda, con sacrificio, ambiziosa e speranzosa che prima o poi anche io ce l’avrei fatta. Dimostrando a me stessa che la scelta che avevo preso era quella giusta. Così in quella determinazione arrivò la prima delusione: avrei dovuto aspettare, sei mesi forse, un anno, i tempi non erano proficui per un incarico. La verità invece era che il mio “capo” stava trasferendo una parte del suo gruppo negli Stati Uniti, ed io non avevo avuto la fortuna di capitare in quel progetto. A quel punto non mi rimaneva che chiedere a qualche altro ricercatore all’interno dello stesso Istituto. C’era molta diffidenza, che io in parte mi spiegavo, ma che non volevo capire. Così mi fu detto chiaramente che per quanto il mio curriculum da 110 e lode e tre anni nel gruppo di ricerca del prof. Ballabio era perfetto per quella posizione,la mia età non dava garanzie. I miei “34” anni costituivano un problema. Sì, perché in Italia la questione età è il primo scoglio da superare. Non si cercano professionisti, ma persone da formare ed io ero ormai fuori. A quel punto, perché scoraggiarsi? Così in attesa di qualcosa, aprii su fb il 14 maggio 2009 una pagina fan, fan di me stessa, di Paola Dama. Un azzardo, una sfida. 

L’intestazione era questa:

L’idea della fan page “PAOLA DAMA” nasce dalla volontà di dar voce ad un settore profondamente mortificato della nostra società, la ricerca. Paola Dama è una biologa che ha scelto di seguire questa difficile strada. Mettersi tanto in gioco rispecchia la sua indole combattiva, e quella volontà di non lasciar andare le cose al caso. Crede molto nelle campagne di sensibilizzazione, e facebook si presta molto bene per questo intento. E’ di fatto un social network molto diffuso ed è oramai radicato nella quotidianità di tutti noi.
Diventare fan di PAOLA DAMA significa sostenere e quindi dimostrare la volontà di destinare una parte degli investimenti nella ricerca per lo sviluppo culturale del paese e come fonte di nuove idee e nuovi avanzamenti nella conoscenza.
I numeri delle adesioni dimostrerebbero quindi quante persone sono a favore di questa politica di sviluppo. PAOLA DAMA vuole essere anche un punto di aggregazione per colleghi che si sentono sfiduciati, e privi di entusiasmo. Il suo nome si prefigge l’ambizioso obiettivo di far confluire idee e confronti per il miglioramento di un settore che in Italia è profondamente in crisi, a causa anche di un non adeguato supporto economico. 

Una pioggia di critiche piovvero su di me e sulla mia iniziativa da colleghi, dai ricercatori che mi hanno solo giudicata. Le loro motivazioni erano le seguenti: non avevo una esperienza tale per permettermi di manifestare un dissenso, una critica al sistema, una insofferenza verso un qualcosa che non mi apparteneva, di certo ero solo una persona laureata che aveva la presunzione di capire che forse le cose non andavano nelle giusta direzione.
Eppure nel giro di un mese e mezzo avevo già oltre 2000 fan che seguivano la mia pagina, a cui è poi seguita un’altra iniziativa, quella di andare a divulgare la scienza e la ricerca nelle discoteche. Ringrazio ancora oggi Giuseppe Argento e la sua sensibilità. Mi ha dato lui per primo l’opportunità di farmi conoscere in giro. Il mio messaggio era diretto ai ragazzi.

Credere nella ricerca significa avere in sé il desiderio di un benessere collettivo, dove lo spirito di una sana comunità scientifica, è nella intelligenza del confronto, nella generosità di scambiarsi notizie ed informazioni, nell’umiltà di mettersi in dubbio. Principi che dovrebbero essere normalmente presenti nella società, al fine di garantire un benessere diffuso e comune. Da condannare il concetto radicale della ricerca a tutti i costi.
Tra i ragazzi deve diffondersi la voglia di crescere, di migliorarsi prendendo in considerazione i giusti punti di riferimento, e non quelli normalmente imposti dalla forza dell’attività mediatica.
Aver avuto l’opportunità di scendere direttamente sul campo, raggiungendo luoghi normalmente frequentati da una gioventù disorientata, è stato un’ importante chiave di svolta della mia campagna. A riprova del fatto che smuovere le coscienze rompendo gli schemi può portare solo ad importanti conseguimenti.
Amare la scienza è un’apertura al mondo.

Da qualche discoteca nel Napoletano sono finita ospite di una serata a Pordenone per il Festival annuale Scienzearteambiente nell’ottobre del 2009 e relatore al Convegno Orientagiovani di Confindustria in presenza della Marcegaglia con Michele Mirabella alla Mostra d’Oltremare a Napoli, nell’ottobre dell’anno successivo.
Telethon nell’autunno 2009 mi ha richiamata a Roma. Ebbi un colloquio informale con il responsabile nazionale della comunicazione di Telethon, Marco Piazza. Sembrava contento del mio impegno, mostrando una certa apertura al progetto, ma niente di più di questo. Mi fu fatto un monito: se avevo voglia di organizzare serate a nome della Fondazione, dovevo dapprima sottoporre il progetto alla loro attenzione ed aspettarne l'autorizzazione. Intanto mi indicarono il loro modo di fare comunicazione. 
Eppure io non prendevo né soldi né altro. 
La mia forza d'animo non si è mai spenta  Ho continuato a crederci ed ho vinto poi il dottorato di ricerca a Ferrara, in farmacologia ed oncologia molecolare e da là ad oggi sono una dottoranda negli Stati Uniti in uno tra laboratori di ricerca più importanti al mondo.

Interventi:
  • ·                 20 febbraio 2009,  presso "Liberty Club" - Napoli (Soccavo)
  • ·                 24 aprile 2009,  presso “Living” – Varcaturo
  • ·                  giugno 2009 
  • ·                  luglio 2009
  • ·                  5 Luglio 2009,  A World of Peace 2009 - Villaricca
  • ·                 23 ottobre  2009,  Storie di Futuro, Pordenone al Festival Scienzearteambiente
  • ·                 26 ottobre 2010,  Relatore al Convegno Orientagiovani, Confindustria  - Napoli  
                    in presenza  di  Emma Marcecaglia con Michele Mirabella. 
  •           10 settembre 2011, Barcamp Giù al Nord  - Napoli con Paolo Esposito e Martina Castigliani

  
Intervista di Bruno De Stefano sul CITY, 24 marzo 2010


Come ti è venuta l’idea di fare lezioni in discoteca?
In un primo momento avevo creato su face book una mia fan page. I social network hanno un grosso potenziale che io ho utilizzato. In termini a me congeniali, è stato una sorta di esperimento fatto, per studiare le reazioni delle persone e dimostrare che, se informata, la gente non è insensibile a quei temi che sono normalmente trascurati dai media. In due mesi appena, avevo raggiunto i 2000 fan. Da ciò è scaturita l’idea di “scendere in campo”. Grazie all’appoggio della Fashion Event Night e dello stilista Fabrizio Crispino, ho potuto realizzare questo progetto.

Cosa spieghi ai ragazzi?
Ai ragazzi racconto, attraverso la mia esperienza, il lavoro e gli obiettivi di un ricercatore, per dirla meglio di un buon ricercatore. Questa figura professionale, anche più di altre, non può essere            lontana dai valori e dall’etica. Sono della convinzione che credere nella ricerca significa avere in sé il desiderio di un benessere collettivo, dove lo spirito di una sana comunità scientifica, è nella intelligenza del confronto, nella generosità di scambiarsi notizie ed informazioni, nell’umiltà di mettersi in dubbio. Principi che dovrebbero essere normalmente presenti nella società, al fine di garantire un benessere diffuso e comune.

Come reagiscono i ragazzi alle tue lezioni?
C’è molto stupore alla mia presenza, ma anche molta curiosità. Ho avuto davvero molti consensi.

Pensi che i giovani siano sensibili al tema della ricerca?
I giovani sono intellettualmente plasmabili per definizione ed è per questo che possono anche essere interessati ad un argomento di questo tipo. La comunicazione di oggi, però, è ben lontana da questo tipo di cose, bombardati da messaggi assolutamente poco costruttivi. 

I tuoi colleghi come hanno valutato l’idea di tenere delle elezioni in discoteca?
Molti sorrisi mi hanno accompagnato, ma io li ho presi come fonte di incoraggiamento. Potrei dire che alcune porte si sono chiuse proprio a causa di questa mia idea bizzarra. Sono una giovane ricercatrice, in termini professionali, e questo ha dato fastidio a chi è in questo campo già da tempo.

Hai avuto elogi o critiche per questa tua originale iniziativa?
Quando rompi gli schemi non puoi non essere vittima di critiche, ma quelle, con molto buon senso, servono per capire anche le cose più giuste da fare. Sono io stessa molto critica, credo sia il modo per migliorarsi. Del resto è bene non prendersi poi troppo sul serio.

Ci saranno altri luoghi insoliti dove andrai a tenere degli incontri?
Per il momento non è ancora in programma, aspetto altre occasioni.L’ultimo mio intervento è stato a Pordenone, al Festival Scienzearteambiente, invitata personalmente  dal  direttore scientifico, Chiara Sartori, che ha amato la mia idea.

Pensi che in Italia si faccia poco per la ricerca?
Che si faccia poco è una questione risaputa da anni e una dimostrazione lampante è il fenomeno della “ fuga dei cervelli”.
E’ pubblicamente noto che in Europa il nostro paese è tra quelli che investono meno nella ricerca. Talvolta, quel poco che si investe è anche condizionato da interessi particolari e non da esigenze reali.Gli interessi economici governano il mondo e non possiamo dire che la ricerca sia immune da questo fenomeno è proprio da qui che nascono le infinite contraddizioni della nostra società come note associazioni che si preoccupano di cercare fondi per la cura del cancro, ma non fanno altrettanto per studi sulla prevenzione primaria, che sarebbero molto poco remunerativi e improntati a tutt'altre strategie. Tra i numerosi impegni collaboro con il sito web www.laterradeifuochi.it, che in Campania è un bacino di informazione con mappe dettagliate sul fenomeno degli illeciti nello smaltimento per combustione dei rifiuti tossici e pericolosi. Ad esempio, in riferimento a uno studio del collega Alfredo Mazza (CNR di Pisa) pubblicato su The Lancet Oncology nell'Agosto 2004, intitolato “Il triangolo della morte”, mi chiedo come mai non vengono finanziati progetti di ricerca specifici riguardo a un problema noto da anni e che viene ancora oggi ampiamente sottovalutato?

Cosa bisognerebbe fare per puntare sulla ricerca: ci vogliono più soldi? O più professionalità?
La ricerca ha bisogno di stimoli ed entusiasmo, e questo è uno dei motivi per cui si punta sulle giovani menti.I centri di ricerca pubblici necessitano di molti più fondi, ma soprattutto di continuità, per poter procedere con gli studi. La professionalità a cui io aspiro risiede soprattutto nel rispetto dell’etica e dei valori morali, questo è il punto focale della mia discussione con i ragazzi. Nella ricerca non dovrebbe esistere alcun tipo di compromesso ed è intollerabile che si sfrutti l’informazione mediatica per millantare studi miracolosi illudendo la buona fede e le speranze delle persone.


1995, si iscrive all’Università di Napoli Federico II in Scienze Biologiche
2002, lavora volontaria al Dipartimento di Fisiologia all’Università Federico II
2007, tesista al TIGEM, con un progetto di terapia genica
2009, insignita del Premio “Donne all’opera”
2010, Dottorato di ricerca in farmacologia ed oncologia molecolare




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