venerdì, novembre 18

Lettera aperta al Sindaco di Napoli Luigi De Magistris



Gentile Signor Sindaco, 

lo zoo di Napoli è un fallimento economico, morale, scientifico.
Lo zoo di Napoli è costato tanto. Agli animali in termini di privazioni, ai cittadini in termini di spazi negati, alle Amministrazioni pubbliche che in maniera diretta e indiretta hanno speso soldi pubblici per una struttura dannosa per l’etica, per l’educazione, per la conservazione delle specie animali. 

Lo zoo di Napoli non è riuscito ad avere, in sette anni dall’entrata in vigore dalla legge italiana sugli zoo, la licenza del Ministero dell’Ambiente in attuazione di una direttiva europea. 

Lo zoo di Napoli, basta visitarlo, è un insieme di tristezza e degrado tali che è un’onta per l’Amministrazione Comunale che speriamo anche in questo vorrà effettivamente rompere con il passato.
Eppure negli scorsi giorni abbiamo letto, anzi riletto dopo anni, le stesse dichiarazioni fatte nella precedente crisi della struttura nel 2003 e 2004: rilancio, riqualificazione, trasformazione in centro di recupero, fattoria didattica, luogo essenziale per la ricerca veterinaria, animali che stanno benissimo.
Si tratta solo di tentativi di preservare interessi economici e di potere che fanno male agli animali e alla città. 
Quelli che, senza alcuna visita di tecnici indipendenti, dicono che “gli animali non si possono spostare”, volendoli tenere quindi come ostaggio per continuare a calpestare i loro diritti. 

Le possibilità di conoscere finalmente davvero la natura non mancano. Le soluzioni per la sistemazione di animali e lavoratori ci sono. Milano e Torino negli anni passati hanno chiuso i loro zoo.
Nessuno ne sente la mancanza, Napoli può e deve farlo. 

C’è un Commissario Liquidatore per gli aspetti economici, Lei sia il liquidatore dei diritti negati agli animali.
Dica forte e chiaro che Napoli vuole cambiare pagina anche in questo e la Giunta lo dica con una sola voce.


The greatness of a nation and its moral progress can be judged by the way its animals are treated.
Mahatma Gandhi

lunedì, novembre 14

Ecco come drogano le nostre menti, lo spiega il neurolinguista Noam Chomsky


.
La manipolazione mediatica ormai non ha confini. Il consenso politico e quello d’opinione è regolato attraverso ben precise strategie mediatiche che si appoggiano su 10 regole di base.

Noam Chomsky 
ci aiuta a svelare l’inganno

di Ezio Alessio Gensini

In questi giorni di forte instabilità politica si riaccendono i toni e si rimescolano i temi che hanno animato il calderone mediatico degli ultimi 15 anni: sicurezza, giustizia, economia, tradimento, sesso. Nel nostro Paese succede che molti ingenui continuino ad esempio a meravigliarsi delle boutade del presidente del Consiglio, limitandosi a bollare barzellette e proclami del premier brianzolo come uscite inammissibili, senza considerare quanta macchinazione logica stia dietro ad ogni singola affermazione. Un meccanismo ben oliato a cui fanno ricorso non solo uomini politici, ma esperti di marketing e uomini di potere in genere. Un noto studioso di linguistica come Noam Chomsky ha stilato una lista di 10 regole, che vengono utilizzate per drogare le menti, ammaliandole, confondendo in loro ogni percezione, rimescolando realtà e fantasia, evidenza e costruzione illusoria.
Ecco quali sono:

1-La strategia della distrazione
L'elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l'attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali, nell'area della scienza, l‚Äôeconomia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l'attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo ‚Armi silenziose per guerre tranquille).

2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni
Questo metodo è anche chiamato ‚problema- reazione- soluzione. Si crea un problema, una situazione‚ prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3- La strategia della gradualità
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4- La strategia del differire
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come ‚Äúdolorosa e necessaria ottenendo l'accettazione pubblica, nel momento, per un'applicazione futura. E‚più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che ‚Äútutto andrà meglio domani‚e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all'idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedere ‚ÄúArmi silenziosi per guerre tranquille).

6- Usare l'aspetto emotivo molto più della riflessione
Sfruttate l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette aprire la porta d‚Äôaccesso all'inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.

7- Mantenere il pubblico nell'ignoranza e nella mediocrità
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell'educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell'gnoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori”.

8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9- Rafforzare l'auto-colpevolezza
Far credere all'individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l'individuo si auto svaluta e si incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l'inibizione della sua azione. E senza azione non c'è rivoluzione!

10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il sisteman ha goduto di una conoscenza avanzata dell'essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l'individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

lunedì, novembre 7

Io Napoletano perbene

Siamo un popolo a cui hanno tolto la possibilità di crederci, e magari di sognare in una rinascita. Il terrorismo psicologico e continuo a cui assistiamo, ha portato inevitabilmente alla demotivazione. I Media e lo Stato  assistenzialista  hanno creato negli anni una voragine di apatia. Quanti di noi si sentono impotenti, si sentono derubati della propria dignità pur di sopravvivere in luoghi tanto degradati. 

N O    e t i c a ,   N O    m o r a l e ,   N O    r i s p e t t o .
 La tutela delle Istituzioni è assente.

Noi Napoletani perbene ci riconosciamo nella minoranza, eppure c’è un popolo abbandonato da anni di incuria ed insana volontà di distruzione da parte di chi avrebbe dovuto farci crescere nel senso dell’Unità Nazionale. Siamo tante isole in un mare di ingiustizie, offese ed arroganza, quelle stesse che arrivano dal nostro popolo e da chi ha il potere di farci passare per gentaglia. Il ruolo perverso dei Media ci ha condannato definitivamente a morte, trascinandoci nell’apatia di chi rimane e nella fuga di chi ha la forza e la voglia di scappare.

Conserviamo la nostra dignità.

Per poter cambiare davvero le cose, abbiamo bisogno di rimanere uniti.
Dobbiamo credere nel riscatto e nella salvaguardia della nostra storia, della nostra Terra, del nostro popolo!

http://www.facebook.com/IoNapoletanoperbene
Ideata da Paola Dama


Napoli ancora nella vergogna: turisti spagnoli pestati per un Rolex




Napoli ancora nella vergogna: turisti spagnoli pestati per un Rolex
Napoli, un’altra notte di violenza nelle vie del centro. Ancora una volta turisti ed ancora una volta il nome di Napoli verrà esportato, stavolta in Spagna, come sinonimo di città violenta e  pericolosa per un turista che sceglie liberamente di passeggiare per le vie centrali della città.
Erano le ventidue di sabato sera, quando due coppie di turisti spagnoli, arrivati in mattinata a Napoli, stavano passeggiando su Corso Umberto in direzione della stazione centrale.In pochi attimi tre imbecilli su di uno scooter, li hanno individuati adocchiando sul polso di un uomo di cinquantaquattro anni, un Rolex Submarine. In men che non si dica i quattro spagnoli sono stati aggrediti e nel tentativo di resistere alla rapina, sono stati selvaggiamente pestati. I tre delinquenti non hanno risparmiato neanche la moglie di uno dei due turisti, pestando anche lei, illesa l’altra donna. I tre sono stati condotti al vicino ospedale Loreto Mare, dove i medici hanno riscontrato al malcapitato possessore del Rolex un trauma cerebrale ed uno addominale, con unaprognosi di un mese. Meno gravi i danni riportati dall’amico e dalla moglie, intervenuta per difendere lo sfortunato marito.
Ci risiamo ancora, il nome della città infangato da gente che preferisce derubare e pestare turisti piuttosto che trovarsi un lavoro onesto. Gente che con Napoli non avrebbe nessuna cosa in comune, ma che invece proviene proprio da quei quartieri della città in cui la legge non esiste e che quando le forze dell’oridne tentano di entrare, spesso trovano l’ostruzionismo degli stessi cittadini che si difendono i loro delinquenti da quattro soldi.
Dove sono i controlli sul territorio,come è possibile che una città che vuole ritornare ad essere una capitale del turismo mondiale, possa permettere che quattro turisti vengano rapinati e pestati alle dieci di sera in quella che è una delle vie più importanti di Napoli, ma che di sera diventa terra di conquista e scorribande per miseri uomini, che in branco assalgono incolpevoli turisti e non solo. Napoli è vittima dei suoi stessi cittadini, troppo abituati a non rispettare le regole, ealle volte scappa anche il morto, come quando nella scorsa primavera, un turista portoricano morì proprio a Napoli a seguito di uno scippo ed una straziante agonia.
Non è questa la Napoli della gente onesta, non è questa la Napoli tanto decantata da poeti e musicisti, non è questa la Napoli degli “uomini d’amore”, come li chiama Luciano De Crescenzo in una storica scena del film “Così parlò Bellavista”. Quella Napoli è un vago ricordo, quella Napoli forse non esiste più. Adesso il sopruso, l’arroganza e l’ignoranza sono le tre caratteristiche principaledi una città che lentamente tenta di risorgere, ma che puntualmente ripiomba nella vergogna. Perchè di sicuro i quattro turisti spagnoli torneranno in patria e di sicuro racconteranno l’accaduto agli amici ed ecco che il gioco è fatto.
Il centro storico di Napoli la sera, dopo una certa ora è terra desolata, poco illuminata eccezione fatta per alcune vie principali. Come fare per rianimarla? Forse non bisognerebbe obbligare i locali a chiudere alle due, anzi al contrario, come succede in ogni parte d’Europa, bisognerebbe incentivare gli esercenti a restare aperti quanto più a lungo è possibile, dando la possibilità ai giovani e non solo di restare in giro per le strade, che a quel punto dovrebbero essere sorvegliate e protette.
Un problema sociale, che va combattuto con forza, perchè spesso questi di queste cose si può anche morire, come accaduto a Santa Maria la Carità la scorsa notte, quando Carlo un ragazzo di ventisette anni è stato brutalmente ucciso da un colpo di pistola al torace mentre tentava di sfuggire ad una rapina mentre era in macchina con la sua fidanzata. I due animali che lo hanno ucciso sono ancora in libertà, ma alla famiglia ed alla fidanzata che ha assistito alla scena e che si è ritrovata in auto con il suo fidanzato agonizzante, nessuno mai potrà ridare la gioia, perchè il suo Carolo non c’èpiù, morto per mano di due ragazzi, che non hanno neppure portato a termine la rapina, ma lo hanno ammazzato lo stesso. Luridi vigliacchi che adesso sono ancora liberi e che potrebbero colpire ancora.
Napoli non può e non deve essere etichettata agli occhi dell’opinione pubblica internazionale come una città in cui non conviene andare in vacanza, forse quando lo capiremo, sarà già troppo tardi.
http://www.vesuvius.it/napoli-ancora-nella-vergogna-turisti-spagnoli-pestati-per-un-rolex-12170.html



Dal mio mio blog su my space 
riporto quanto scrivevo oltre due anni fa. Il copione era tristemente lo stesso.

Napoli, la sua filosofia e i filosofi derubati


17 Aprile, 2009

Riporto questa lettera aperta.
La gente perbene è stanca e cerca di andarsene. Questa è Napoli.  Sono andata in piscina oggi nel primo pomeriggio. Mi sono concessa una giornata di relax. All'uscita, vetri rotti, due auto di due miei amici derubate parcheggiate vicino alla mia.


Giro per Napoli con un'auto in condizioni pietose per non essere "importunata", per non dare nell'occhio.
Ma non è questa la vita. Siamo in guerra, ma nessuno lo sa. Lascio questa città rimpiangendo di non averla potuta salvare. Altre elezioni, altro rimpasto. Mi arriva una mail da un gruppo che dice di essere l'Altro SUD, la rinascita, e si schiera con la solita trafila di politici che per anni e anni e anni hanno mangiato non lasciando nemmeno le briciole.





I politici ci rappresentano, non meravigliamoci se fanno schifo, 

noi nell'omertà siamo molto peggio di loro.



 


Giovedì, 16 Aprile 2009


Franco Cuomo da
Corriere del Mezzogiorno

Gentile direttore
"È evidente che in alto manchi la volontà politica di far osservare i principi di convivenza civile. Napoli continua a precipitare in un'altra direzione rispetto anche al resto della Campania: se (si) va a Salerno o a Sorrento tutto questo non accade. Lì si fa persino la differenziata per le pile esauste [...] (e aggiungo io, anche dei farmaci scaduti con appositi raccoglitori vicino alle farmacie).
Vedere uno straniero così, a disagio, aggirarsi per strada, diventa un'attrazione per chi trascorre le giornate in attesa di aggredire la sua preda, con una ferocia pari a quella di chi lascia morire la gente sui marciapiedi. E questo smentisce la leggenda secondo la quale vi sia un grande cuore dietro i napoletani. No, sono uguali a tutti gli altri popoli".
Chi si esprime così duramente è il filosofo Maurizio Ferraris, e mai parole risultano essere più vere, io però aggiungerei anche qualcosa in più. Connivenza e complicità con i malfattori, frammista ad indifferenza rende il napoletano che abita la città di Napoli barbarico e violento al pari del delinquente. Tutti sanno chi sono i ladri sull'R2, ma nessuno mette in guardia i malcapitati e soprattutto nessuno denuncia. L'altro giorno, come tutti i giorni - ero sotto la stazione della Circumvesuviana di Napoli -Garibaldi; anche quello è un posto dove molti turisti sono stati derubati davanti al silenzio di tutti, anche li ci sono due persone. Stanno sempre lì tutti i giorni, come se andassero a timbrare il cartellino per un onorato lavoro, sono sempre le stesse facce. I passeggeri li additavano dal treno, riconoscendoli, ma nessuno ha chiamato la polizia ferroviaria. L'ho fatto io, qualche anno fa: mi sentii rispondere: "gentile signore, se non li becchiamo con la refurtiva in tasca non possimo fare nulla". Provai a suggerire: "bene! allora teneteli sotto sorveglianza" Mi risposero "grazie del suggerimento". Ma dietro quel grazie - io che sono del posto - lessi una canzonatura del tipo: "ma i fatti tuoi non te li sai fare?" e infatti quei due ladri stanno ancora lì, sulla banchina centrale dove si fermano i treni per Sorrento. Ho voluto ricordare questo perché da questo viene fuori la barbarie di questa città dove la legge è un semplice optional, non solo per i delinquenti, ma per buona parte dei cittadini. A leggere la dettagliata descrizione dell'accaduto fatta dal povero professore William McBride, ci sarebbe di che vergognarsi.
 

sabato, novembre 5

L'oblio che circonda questa città graffia il bel cuore dei Napoletani.


Racconto questa mia esperienza personale con l'amaro di quanto rimane ancora nei miei ricordi.

Era un venerdì di una gelida serata di dicembre del 2001. Avevo appena salutato una mia collega di studi. Sono corsa in macchina appoggiando la borsa con tutti i miei appunti sul sedile. Avevamo trascorso tutto il pomeriggio a studiare per ripeterci le ultime cose per l'esame che avremmo avuto il lunedì successivo.

La mia auto era rimasta ferma dove l'avevo lasciata, il parcheggiatore, o'biondino, questa volta non me l'aveva spostata. Mi ero affezionata a lui, sapevo che aveva gravi problemi di droga, ed io alla minima occasione cercavo di dargli sempre qualcosa in più di quanto mi chiedesse. Ci avvicinavamo al Natale e già gli avevo preso il panettone che gli avrei dato solo il giorno di chiusura dell' Università prima delle vacanze natalizie.

Che freddo quella sera. Avevo con me 850 mila lire, dovevo andare a prendere dei regali che avevo già adocchiato. Tutto tenuto in borsa, con i libri , le chiavi di casa ed il cellulare.

Mentre andavo via avevo notato dietro di me un motorino con dei fari abbaglianti puntati giusto nel mio specchietto retrovisore. Cercavo di vedere le facce, ma ero accecata da quella luce.

Via Duomo…semaforo…giro a destra...Via Foria. Una strada larga costeggiata da una corsia esterna.

C'era molto traffico, ma era quasi Natale e l'ora era quella di punta. Mi rilassavo ascoltando musica e ripetendo tra me e me che ero prossima a togliermi da mezzo un altro esame, quello di fisiologia generale
 il più difficile, quello per cui molte persone hanno ritardato a laurearsi.

Ad un tratto un tonfo, il vetro dello sportello laterale mi è scoppiato in faccia, ed un' ombra sembrava gettarsi addosso strappandomi la borsa che avevo dimenticato appoggiata sul sedile, già dimenticato, perchè qui a Napoli devi nascondere tutto tra i sedili.

Non ho pensato molto, la macchina ferma nel traffico, mi sono lanciata dal vetro rotto per cercare di rincorrere chi in quel momento mi stava togliendo 3 mesi di corso e sacrifici per prendere appunti con il mio progetto di ricerca.

Il complice era fermo sul motorino che costeggiava la strada principale. Non c'era niente da fare, perso tutto. Dio, i soldi! I regali, il cellulare, le chiavi di casa.

Sono rientrata in auto dallo stesso finestrino rotto, quasi a credere che quello fosse l'unico modo per risalire in auto a dimenticarmi che lo sportello poteva aprirsi. Ero scioccata, nemmeno mi ero accorta che avevo le mani lacerate  ed insanguinate a causa dei frammenti di vetro. Il vigile a 10 metri da me, era girato dall'altra parte.

Una voce mi urlò: non preoccuparti, è successo anche a me!

Ho avuto 10 secondi per pensare, poi superato il semaforo mi sono gettata dietro ai vicoli di Napoli, solo a quel punto mi sono resa conto delle mie mani, il volante era sporco di sangue.

Mi sono fermata in un negozio, per chiedere di telefonare per poter avvisare casa di non uscire, perché mi avevano appena preso tutto. Il negoziante intanto cercava di medicare le mie mani che tremavano.

Non ci potevo pensare, il mio lavoro perso così in un attimo, e l'esame, quello a cui tenevo tanto, che sarebbe stato dell'esame?

Finalmente ferma davanti al tribunale, una camionetta della polizia. "Vi prego mi hanno preso tutto adesso, datemi una mano!" "Non possiamo fare niente, vai a fare la denuncia" Il poliziotto mi ha risposto così mentre continuava a parlare con il collega.

Ho imprecato accelerando e sgommando, poi mi sono fermata giusto 50 metri più avanti. C'erano dei ragazzi fermi a chiacchierare.

Mi rivolgo a loro " Voglio sapere quando rubano le borse dove le buttano dopo!"

Non era indirizzata a caso quella frase, ci avevo visto giusto, erano del "campo", erano lì ad aspettare il momento di azione anche loro.

"Dove ti è successo? Vieni con me" Mi rispose uno, gli altri intanto mi facevano dei complimenti e cercavano di tranquillizzarmi, cercavano di offrirmi da bere, di farmi riprendere dallo shock. Lasciai la macchina in quel vicolo, mi volli fidare, riuscii a fare anche delle battute, conservo il mio senso dell'humour anche nei momenti critici, salii dietro al motorino di uno dei ragazzi. Una folle!

" Che gente di merda, ad una bella ragazza come te, io non lo avrei mai fatto!"

Insieme percorrevamo tutti i vicoletti della zona. Conoscevo bene quella parte della città e ricordo che lui faceva giri e rigiri per farmi perdere l'orientamento, gli dissi che ero di Aversa, per non far sapere che ero di Napoli.

Non ricordo più il nome, ma mi disse che per campare rubava i rolex . Andava fino a Milano, si faceva un bel bottino e se ne tornava felice a casa.

Ho avuto modo di ascolatare la sua storia. " Ci vuole una buona tecnica lo sai, non è facile"

Ad un tratto mi portò dietro ad una zona dove ancora adesso non ci saprei più arrivare, e mi disse: "Se chiedono dici che sei mia cugina". In quella strada buia uscirono da non so dove decine di persone. "Sapete ora le borse dove le buttano?" "Fratè io mò sto rubando gli orologi"

In quel momento iniziai a realizzare quello che stavo facendo, ed iniziai ad avere paura. Poi la sua voce e quelle sue parole mi tranquillizzarono. "Ma tu dove lasci la macchina in genere, perché evidentemente lì ti hanno "fittiato".

Fittiato significa avermi osservato, studiato nei miei movimenti, prima di fare il bel colpo!
Quasi a sapere quanti soldi avevo in tasca.

Quando andammo dal biondino, al vedermi arrivare con questo ragazzo, cambiò espressione del volto, sbiancò e disse " Non sono stato io!"

Certo non sei stato tu! E' tutto chiaro


Ho salutato quei ragazzi scambiandoci gli auguri. "Non preoccuparti, troverai tutto!"

Oramai iniziava a piovere e di quegli appunti non sarà rimasto nient'altro che poltiglia.

Non riesco a scordare quei ragazzi. La tristezza nel sapere che vita conducono mi attanaglia il cuore. Eppure quante premure hanno avuto per me!

Dopo qualche mese, mi ha telefonato la polizia, avevano trovato tutti i documenti ed il portafoglio che mi avevano regalato.



In questura il commissario mi ha rimproverata dicendo: "Hai rischiato, non farlo mai più!"

Che pazza sarò stata, ma quante cose ho capito…

Il cuore napoletano è grande, ma è graffiato dall'oblio che circonda questa città.

Abituati a credere che niente possa cambiare.

Niente premia la gente perbene.

Non c'è perdono per chi ci ha ridotto in questo stato e continua a mantenerci così.

Non vi perdono!!




©paola dama

Caro Mario Borghezio...



Gent.le Mario Borghezio,

le sue parole tuonanti hanno graffiato ancora una volta la mia anima, le scrivo quindi, perché trovo sia giusto replicare...
In quella che possiamo ancora definire democrazia, il confronto tra le parti rende e ci fa sentire liberi. Ma la mia libertà finisce laddove inizia la sua, nel rispetto reciproco. Le scrivo perché mi sento mortificata ed arrabbiata, non con lei, ma con il mio popolo, la mia gente, chi mi dovrebbe appartenere.

Sono stanca di essere accomunata a quel popolo a cui lei si riferisce.
E' un popolo in cui io NON mi riconosco!! Tantomeno molti altri come me!

Quella eco di voci assordanti, viene raccolto e rimbomba impietosamente in tutto il mondo!
La Napoli di Totò viene "scamazzata" dalla Napoli gracchiante. Lo stridio di notizie ci mortificano.

Lei, mio caro Borghezio, non ha nulla a che fare con me, non mi conosce, così come forse non conoscerà le urla silenziose del Napoletano perbene. Non conosce i pianti, il dolore nel vedere la nostra città ridotta ad un cumulo di munnezza. Nel vedere sorrisi portati via ed i sogni che non abbiamo più.

Questa Napoli non fa rumore, questa Napoli lotta nel silenzio, in quei margini di quotidianità.
Un popolo inconsapevolmente in guerra, abbandonato a se stesso nella chiara e meschina volontà di lasciarlo da solo a difendersi, contro chi?

Chi è il nostro nemico? Ci aiuti a capirlo lei, che ha le idee così chiare, perchè noi siamo confusi...

In che modo ancora si può  difendere questa città, la mia gente, quella in cui invece io mi riconosco??
In coloro che camminano a viso chino e con le spalle al muro.
Siamo invasi da questi conquistatori che ci impongono il loro modo di vivere a gomitate sulla faccia!

Sono andata via da Napoli, sa perchè??

Perchè non ho voluto adeguarmi. Non sono scesa a compromessi. Non ho voluto più chinare la testa e far finta di niente. Ed  ho smesso di combattere. Eppure non ero io la sola...il fatto è che non siamo UNITI!
E' tanta la sfiducia e la presunzione che c'è in giro.
Se il popolo Napoletano avesse consapevolezza dei suoi pochi, ma grossi limiti, sarebbe un grande popolo.

Ho cercato e ritrovato la mia dignità: di persona, di donna, di ricercatrice, all’estero.
L'Italia non me lo ha permesso!

Caro Borghezio, eppure sorriderà a sapere che il mio bisnonno era un piemontese.
Non mi stancherò mai di raccontare al mondo la mia Napoli.

La Napoli perbene, quella che stringe i denti, quella che non ci sta! 
Lei ha bisogno di conoscere i nostri racconti.

Ed è così che ci conoscono all’estero, in quella bellezza che può rifiorire solo lontano da quella maledizione ambientale!

Con sincerità.
Paola Dama