domenica, ottobre 28

La grande intelligenza collettiva dei piccoli gruppi


Nella mia campagna di divulgazione scientifica portata avanti tra i ragazzi nelle discoteche, lanciavo questo messaggio:


“Credere nella ricerca significa avere in sé il desiderio di un benessere collettivo, dove lo spirito di una sana comunità scientifica, è nella intelligenza del confronto, nella generosità di scambiarsi notizie ed informazioni, nell’umiltà di mettersi in dubbio. Principi che dovrebbero essere normalmente presenti nella società, al fine di garantire un benessere diffuso e comune”.




Gli scienziati formano gruppi di collaborazione, anche in paesi distanti fra loro. Si scambiano informazioni, materiali, risultati. Le ricerche si basano sul lavoro di squadra. Ogni gruppo in genere è costituito da specialisti, ognuno dei quali ha compiti precisi. Si parla appunto di Comunità Scientifica Internazionale. Pertanto noi ricercatori, dovremmo essere in qualche modo già abituati a porci nei confronti degli altri in questo modo, ma purtroppo la competizione e l’ambizione personale spesso e per la maggior parte calpestano questi sani principi.
L’articolo “Evidence for a Collective Intelligence Factor in the Performance of Human Groups” di A.Woolley, pubblicato su Science nell’ottobre del 2010, spiega le potenzialità di un gruppo mettendole in relazione alla capacità di cooperazione.
Questo lavoro svolto dai colleghi, di cui riporto l’abstract, pone in termini scientifici una sensazione che credo tutti noi abbiamo da sempre avuto: “gruppi i cui membri avevano più elevati livelli di "sensibilità sociale" erano quelli che mostravano una più elevata intelligenza collettiva”.
L’invidia, la gelosia, il protagonismo, sentimenti comuni anche alla più sana competizione, devono essere messi da parte e dare spazio a quei sentimenti che possono nascere solo in termini di collaborazione.  Questo passaggio è sicuramente spiegato meglio dal premio Nobel John Nash che rivede la teoria di A.Smith affermando che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente del gruppo farà ciò che è meglio per se e per il gruppo, e non solo per sé come sosteneva Smith.
L’interesse individuale sommato a quello del gruppo sarà l’ atteggiamento vincente nei confronti non solo della ricerca scientifica, ma va esteso anche alla stessa società che pullula di piccoli gruppi e di associazioni che spesso sono in conflitto ed in contraddizione tra loro o tra i loro stessi membri, pur avendo in comune la stessa mission.
Se è vero che siamo solo una piccola ruota in un grande ingranaggio, facciamo in modo di farla girare nella giusta direzione.


Se un gruppo coopera bene, può sfruttare un sovrappiù di intelligenza che eccede le capacità dei suoi singoli membri. A stabilirlo è uno studio condotto da ricercatori del MIT, della Carnegie Mellon University, e della Union College, che firmano in proposito un articolo pubblicato su Science, nel quale si mostra anche che la tendenza a cooperare con efficacia è di fatto legata al numero di donne che sono presenti nel gruppo. "Abbiamo voluto controllare l'ipotesi che i gruppi in quanto tali, al pari degli individui, hanno una consistente capacità di affrontare differenti tipi di compiti", ha detto Anita Williams Woolley, prima firmataria dell'articolo. "E la nostra ipotesi è stata confermata. Abbiamo trovato che esiste un'efficacia generale, un'intelligenza collettiva di gruppo, che è predittiva delle prestazioni del gruppo in molte situazioni". 


Questa intelligenza collettiva, sostengono i ricercatori, è strettamente legata alla capacità di sviluppare una buona cooperazione: gruppi i cui membri avevano più elevati livelli di "sensibilità sociale" erano quelli che mostravano una più elevata intelligenza collettiva.

"La sensibilità sociale ha a che fare con la capacità dei membri del gruppo di percepire le emozioni di ciascun altro membro del gruppo. Così, nei gruppi in cui vi era una persona dominante, il gruppo aveva un'intelligenza collettiva inferiore rispetto a quelli in cui i rapporti di conversazione erano distribuiti in modo più uniforme", osservano i ricercatori. In generale, inoltre, i gruppi che contenevano più donne mostravano una maggiore sensibilità sociale e una maggiore intelligenza collettiva di quelli con meno donne. Per arrivare alle loro conclusioni, i ricercatori hanno condotto una serie di studi su 699 soggetti suddivisi in gruppi che comprendevano da due a cinque persone. I gruppi lavoravano su una serie di problemi che andavano da puzzle visivi a negoziazioni, da brainstorming a giochi di ruolo di varia complessità. 
Dall'esame dei risultati e dei singoli soggetti i ricercatori hanno stimato che l'intelligenza collettiva poteva rendere conto di circa il 40 per cento delle variazioni nelle performance dei diversi gruppi in un'ampia varietà di compiti. Le prestazioni del gruppo non apparivano infatti determinate in primo luogo dalle capacità individuali dei suoi membri: l'intelligenza massima e quella media di un gruppo non risultava predittiva delle prestazioni del gruppo. (gg)


Psychologists have repeatedly shown that a single statistical factor—often called “general intelligence”—emerges from the correlations among people’s performance on a wide variety of cognitive tasks. But no one has systematically examined whether a similar kind of “collective intelligence” exists for groups of people. In two studies with 699 people, working in groups of two to five, we find converging evidence of a general collective intelligence factor that explains a group’s performance on a wide variety of tasks. This “c factor” is not strongly correlated with the average or maximum individual intelligence of group members but is correlated with the average social sensitivity of group members, the equality in distribution of conversational turn-taking, and the proportion of females in the group.

sabato, ottobre 27

..:::La parola ai cittadini:::...

Il mio blog è stato pubblicato sul sito ufficiale dell' "Ass. Democrazia e Territorio", con Maria Grazia Mazzoni, nuovo Presidente. Al di là dell'orientamento politico di ognuno, il messaggio rivolto ai cittadini deve essere da più parti condiviso. La "speranza" di cui tanto si parla non deve risiedere nel sogno utopistico, di qualcosa di irrealizzabile nell'immediato, piuttosto in un cammino di rinascita e di prese di posizione serie e determinate che portino ad un benessere comune e non più individuale. 
Una cittadinanza attiva che pretende i suoi diritti ed assolve ai suoi doveri. Condivido pertanto il messaggio dato ai cittadini e la mission.

www.democraziaeterritorio.com
"La storia dei movimenti politici degli ultimi decenni ha mutato il volto del nostro Paese. È cambiata, soprattutto, la percezione dei cittadini nei confronti di una politica dalla quale nessuno si sente più tutelato. Ma la politica è un male necessario, bisogna solo cambiare visione delle cose. Il compito del cittadino non finisce dopo aver votato; qualcuno ha detto che tutte le ignoranze si possono tollerare tranne quella politica. E questa massima ha un valore aggiunto qui in Campania, nella terra di nessuno, terra violentata e mortificata, pattumiera d’Italia, dove tutti hanno il dovere morale d’informarsi, di vigilare sull’operato di chi amministra la cosa pubblica. Lo dobbiamo al nostro futuro ma anche al passato dei nostri padri. È questo lo spirito dell’associazione Democrazia e Territorio che invita tutti, laici e cattolici, di destra e di sinistra, giovani e meno giovani ad alimentare una cittadinanza attiva, stanca di stare a guardare. Non sono loro che sono forti siamo noi che siamo stati troppo deboli. È ora d’invertire questa rotta."


Il BLOG di Maria Grazia Mazzoni

Mea Culpa
"Diciamolo subito: la mia terra non è il Sud. E non è la Campania. E’ quella striscia di terra che va da Caserta a Napoli. E striscia di terra è una metafora perché è tutto cemento selvaggio, accavallato, grezzo, soffocante. E i rifiuti, tanti, sparsi dovunque, sui cigli delle strade, nelle piazze storiche, davanti alle scuole. Punti strategici della dignità. E i veleni ammucchiati nelle campagne , così tanti che li vedi da lontano minacciosi e con quel fumo sinistro. La quotidianità è una guerra, i giorni speciali battaglie decisive. Mea culpa, mi dico ogni giorno. Mea culpa e non getto per terra nemmeno più la cicca della sigaretta. Mea culpa e leggo tutto quello che contiene la parola Campania, devo sapere tutto, non mi devo più sentire impreparata. Mea culpa e osservo le città civili per imparare. Mea culpa e sono spietata con me stessa. Non si può guarire la mia terra malata, ma solo curarla con amore. Anche le parole hanno ora un carattere diverso, drammatiche, sempre in bilico tra la retorica e il patetismo. Ma si sa, quando la realtà è terribile le parole appaiono sempre inadeguate. E questo vorrei dagli altri. Basta! guardare fuori da noi, basta! incolpare gli altri. Basta. Mea culpa. Solo così il cambiamento è possibile. Prima dentro di noi e poi fuori. Perciò è così doloroso nella terra di nessuno."
Maria Grazia Mazzoni

domenica, ottobre 21

Il buono stanca, il resto è audience


"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". 
Cesare Pavese, La luna e i falò 1949

Il cielo sulla campagna del casertano e poi del napoletano dal finestrino dell’aereo era marrone. La Terra dei Fuochi era laggiù ad aspettarmi con i suoi segnali di fumo. E’ trascorso un anno, un anno per perdere le sue abitudini. Non c’è stato un giorno in cui non ho dimenticato, in cui non ho guardato, in cui non ho ascoltato, in cui non ho parlato, in cui non ho pensato alla mia città. Nei momenti in cui bisogna rimaner saldi alla propria determinazione, quando credi di aver sotto controllo le tue emozioni, i ricordi ti strangolano, vieni tradito dalla memoria, dai tuoi pensieri. Inizi incredibilmente ad aver nostalgia anche di quelle cose che ritenevi insostenibili, quella vita pesante che ti trascinavi in attesa di un qualcosa che l’avrebbe cambiata. Eppure quando si vive lontano sarebbe normale poter pensare alla propria terra d’origine, come a qualcosa di bello, qualcosa con cui ricongiungersi il prima possibile, ed invece ciò che mi lega ad essa, per la maggior parte, sono solo vicende negative di natura sociale e personale. Ed eccomi perciò di nuovo a vivere da vicino quel dolore che hai cercato di lasciare immergendomi ancora una volta nei vecchi soliti problemi, nelle solite storie, abbandonando la speranza di poter ritrovare al tuo rientro una città in rinascita. 
La mia Napoli continua a soccombere sotto il peso della incuria delle Istituzioni e dell’apatia di cittadini inermi che non vengono né tutelati, né spronati. 


Napoli e la sua periferia: 
il solito rumore, il solito odore, il solito degrado, gli occhi non trovano pace.

Ogni volta che ritorno trovo la desolazione, un posto abbandonato a se stesso laddove ognuno di noi si erge a capo della giustizia. Viviamo e combattiamo una guerra silenziosa sgomitando per ottenere con prepotenza ciò che ci dovrebbe essere dato di diritto. Calpestiamo gli altri, perché se non fai così “non passi”. Il nostro popolo è costituito da due fazioni, i guelfi ed i ghibellini, la gente perbene e la camorra. Non esiste la via di mezzo, esiste il fatto di sapere e di tacere, di abbassare gli occhi, di nascondersi, ma questo non è il mezzo. Per un napoletano è facile riconoscere i buoni ed i cattivi, abbiamo una sorta di intuito che ci permette di discriminare. Essere bravi, capaci qui non è un merito, essere persone sensibili e leali, non è una dote, ma una disgrazia se non hai come andartene. Queste persone non vengono "promosse" nel nostro bel Paese, ma anzi devono soccombere al niente. Devi accettare i compromessi, altrimenti non vai avanti e la maggior parte della gente non è stata abituata a reagire, ma piuttosto a perdersi in quei lamenti che ritornano come vecchie litanie. 

Chi nasce in questo magma di schifo con delle caratteristiche nobili, sconfina nel genio altrove. Crescere in un posto come il nostro, in cui il dolore e la sofferenza che si prova ogni giorno, esaltano le anime profonde significa sviluppare una personalità che è fuori dal comune. Ecco spiegate persone come Massimo Troisi e gli altri.
Negli Stati Uniti, ci sono diverse cose che non vanno, ma talvolta la meritocrazia esiste e viene premiato chi ha voglia di fare. E nemmeno è frustrante non essere capaci, perchè il sistema è costituito in modo tale che alla fine ognuno si ritrova nella giusta collocazione per quello che può dare alla società. 
Vivere all’estero ti conferisce una doppia personalità ed una strana insofferenza. Fintanto che non si stacca la spina, vivi con due piedi che distano fra loro un oceano. Costruisci qualcosa laddove niente ti appartiene, nessun punto di riferimento, ti sembra che tutto quel che fai sia un castello di sabbia, anche se la strana familiarità che senti è dipesa dal fatto che siamo cresciuti con pane e telefilm americani. C’è una calma disarmante qui a Columbus, non ti senti mai in pericolo, gli americani dispensano sorrisi a tutti. Ti chiedono “come va”, anche senza conoscerti. Niente di personale ovviamente. E’ un loro modo di fare, un modo cordiale di salutarti. Così da noi quei sorrisi vengono sostituiti dalle facce corrucciate. La disperazione delle persone, la sfiducia che abbiamo l’uno dell’altro, disegnano sui nostri volti delle smorfie antipatiche.  Le persone cordialmente chiedono permesso e si scusano, mentre l’arroganza delle nostre parti prende posto ai “sorry” che senti anche quando sai di essere tu ad aver sbagliato.
Allo stesso tempo è frustrante vivere in un posto in cui il nostro modo di fare da più parti viene frainteso. Il nostro colloquiare, il gesticolare, il modulare i toni con enfasi, viene interpretato sempre nei termini di una discussione. La nostra passionalità viene scambiata per aggressività, anche se gli Americani adorano gli Italiani. Gli Italiani che sono qui, e i Napoletani miei colleghi, ricercatori, vengono apprezzati e se ne riconoscono le loro qualità. Gli americani subiscono il fascino di chi viene a portare arricchimento alla propria nazione, lasciano il passo con un inchino.

In questi giorni in cui si piange il dolore della prematura perdita di Pasquale Romano, ucciso per sbaglio dalla camorra o chi per essa, si scorge tra il frastuono la dignità della sua fidanzata, Rosanna Ferrigno. La sua forza d’animo, la sua lucidità, la sua eleganza, il suo rigore, la sua consapevolezza, dovrebbero rimbalzare sulle cronache dei giornali interessati maggiormente a far vedere il paese di Pulcinella ed i suoi teatrini. Maggiore risalto è stato dato allo spettacolino offerto dal sacerdote e dal prefetto, nel voler continuare a dimostrare che i Napoletani rimangono confinati nella loro mentalità "borbonica" usata come dispregiativo e non invece chi davanti ad una assurda ed inspiegabile sofferenza ha lanciato un messaggio coraggioso, di forza e di rinascita. Una reazione che da più parti deve unirsi ed emergere. 


“Noi siamo gli onesti, noi non dobbiamo aver paura”

quel “Noi siamo di più” deve diventare un nuovo slogan per la nostra Napoli, per il nostro popolo. I media ci raccontano e gli spettatori seguono una fiction. Non vogliono farci conoscere come cittadini attivi, stanchi, infuriati, la questione è caduta su "Il Signore e la Signora". Non vogliono dire la verità, non vogliono far capire che qui lo Stato e le Istituzioni hanno mietuto un'altra vittima innocente.


Il buono stanca, il resto è audience.

Mio padre, la cui statura non rende giustizia della sua nobile persona, è venuto a prendermi all’uscita dell’aeroporto con un pacco di sfogliatelle calde, appena sfornate. Chi meglio di lui conosce i miei desideri. Ero bambina quando giravo in macchina con i miei, ripetendo loro che da grande avrei fatto il sindaco per mettere fiori su ogni balcone. 

Oggi quei fiori sono per Lino.

Addio

Rosanna Ferrigno: " Noi siamo di più"

Il 30 ottobre, 2012 Rosanna mi scrive questo:

Ti ringrazio molto per queste parole. sono la conferma che il mio GRIDO, nato dal cuore con unica sincerità, è stato ascoltato ed il messaggio ricevuto. Ho parlato al cuore di tutti con il cuore, con rabbia e amore, perchè il sentimento che ci contraddistingue dalla camorra è proprio questo: l'amore...per i propri familiari, per la propria terra, per i propri simili...non dobbiamo perdere la fiducia, e tu con queste parole me ne dai credito, perchè non hai dimenticato il mio pensiero. NOI SIAMO DI PIU'... e ci credo veramente. Ma il nostro impegno più grande forse è proprio questo : ricordarlo. Come deve essere ricordato Lino, per l'amore che mostrava nei piccoli gesti verso la vita. Ripeto sono felice di aver letto questo post, rivedere le mie parole riscritte con sincerità e con forza. 
NOI SIAMO DI PIU' 

Rosanna Ferrigno